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Italian first, then English:
MIO PADRE FA COLAZIONE CON CHOU EN-LAI
da La Mia Notte Con i Ladri della Lingua
di Tad Richards
Nel 1939, poco prima che nascessi –
dopo che mio padre aveva incontrato mia madre a Manila,
dopo averla corteggiata per lettera dall’India,
dove giocava a polo e aveva cacciato le tigri una volta,
dopo che si furono sposati a Roma,
dopo che lui aveva ricevuto un incarico a Washington,
dopo che lei era rimasta incinta di me,
mio padre condivideva un ufficio nel Dipartimento dello Stato
con Donald Hiss, che era il fratello di Alger Hiss.
Nulla di ciò perdurò. La guerra era iniziata. Mio padre
fu mandato in Cina dove i comunisti di Chou En-Lai
condividevano una tregua scomoda con il Kuomintang,
come gli Stati Uniti facevano con la Russia. Fece colazione con Chou En-Lai,
e fu in seguito invitato a casa di Chou En-Lai.
Chou era indisposto, ma un altro generale comunista
era presente e la Signora Chou servì loro un buon pranzo.
Mia madre si trasferì a Woodstock dove si innamorò
di uno scultore e subito si sposarono.
Dopo la guerra, mio padre ritornò, come MacArthur,
alle Filippine, e mio fratello ed io
andammo con lui. Lottavamo con la fionda
contro le bande di strada filippine – quando avevamo
sette e cinque anni, benché fossero più forti – e
mio padre si sposò di nuovo, con una donna di Boston.
Quando Chou En-Lai prese il potere in una Cina comunista ostile,
con Chiang Kai-Sheck in ritiro in una Formosa incosciente,
e Whittaker Chambers guidò l’FBI
in quel campo di zucche in Winchester nel Maryland,
eravamo sulla via per l’Australia;
quando Alger Hiss, marchiato come spia comunista
da Richard Nixon, aveva iniziato il suo periodo di carcerazione a Leavenworth,
ero di ritorno a Woodstock con mia madre e suo marito scultore,
e mio padre era a Lisbona in Portogallo, che era stato un rifugio dai nazisti,
e mio fratello era con lui, perché al tempo
valutarono fosse necessario sottrarlo alla mia influenza.
Ero forse io il sovversivo? Non mi pareva.
Ero intimorito il più delle volte. Stavo in un collegio
a Millbrook, New York, più tardi sarebbe stato noto
come il luogo dove Timothy Leary fece i suoi famosi esperimenti,
ma non al tempo. Poi ci raggruppavamo, nelle mattine d’autunno,
a guardare il preside prendere parte alla caccia alla volpe.
Neppure questo durò a lungo.
Fui espulso da Millbrook. Andai a vivere con mio padre
a Washington, Connecticut – neppure questo sarebbe durato a lungo –
una città il cui verde da campagna aveva steli bianchi
da un lato, una scuola preparatoria per ragazzi dall’altro, e un ritiro
per ufficiali pensionati del servizio all’estero annidato tra le colline, dove leggevano
il New York Herald Tribune e il Foreign Service Journal.
Al tempo mio patrigno era in India,
e Angkor Wat in Cambogia, ma mai giunse in Cina.
Era stato invitato dal Commissario del Popolo alla Cultura,
ma il nostro governo non volle lasciarlo andare.
Per questa ragione fu interrogato dall’FBI;
l’HUAC lo conosceva, ma non fu mai chiamato
a testimoniare, a fare nomi, non fu mai inserito sulla lista nera.
Accadde invece che fossi schedato io.
Quando venne il mio turno di schivare le fionde,
gli Stati Uniti erano in Cambogia a combattere una guerra segreta
che si riversò sui college americani.
Fui schiacciato su quel fronte,
ma si persero solo carriere.
In Cina, Chou En-Lai era ancora vivo, ma questa era la Rivoluzione Culturale, per cui
non so di quel commissario: con grande probabilità che non lo fosse.
Mio padre viveva ancora a Washington, Connecticut, dove
oppose la Guerra in Vietnam ma votò comunque per Nixon
e Ford, ma tracciò una linea a Reagan, fu durante il suo secondo mandato
che morì, entro un mese dalla morte di mia madre.
Mio patrigno scultore era morto dieci anni prima – lo stesso
anno in cui scomparve Chou En-Lai. Vivo nella sua casa ora,
la casa che lui e mia madre costruirono, a lato della scultura
che crebbe a sei acri e mezzo*, inglobando centinaia
di migliaia di tonnellate di pietra che gli richiese 37 anni di vita,
ad eccezione solo dei due anni che passò
con mia madre in Italia e il mezzo anno in cui viaggiò
in India e in Cambogia. Ora ho i capelli grigi e nipotini.
**circa 26.000 metri quadrati
and in English....
MY FATHER HAS LUNCH WITH CHOU EN-LAI
from "My Night With the Language Thieves"
In 1939, just before I was born —
after my father had met my mother in Manila,
after he had courted her in letters from India,
where he played polo and once hunted tigers,
after they had gotten married in Rome,
after he had taken a stateside assignment in Washington,
after she had become pregnant with me,
my father shared an office in the State Department
with Donald Hiss, who was the brother of Alger Hiss.
None of these lasted. The war started. My father
was posted to China, where Chou En-Lai’s Communists
shared an uneasy truce with the Kuomintang,
as the U.S. did with Russia. He had lunch with Chou En-Lai,
and was later invited to Chou En-Lai’s home.
Chou was indisposed, but another Communist general
was there, and Mrs. Chou served them a nice lunch.
My mother moved to Woodstock, where she fell in love
with a sculptor, and they were married.
After the war, my father returned, like MacArthur,
to the Philippines, and my brother and I
went with him. We fought with slingshots
against Filipino street gangs — at seven and
five, I’d guess we were overmatched — and
my father married again, to a woman from Boston.
When Chou En-Lai took power in a hostile Communist China,
with Chiang Kai-Shek in retreat to a feckless Formosa,
and Whittaker Chambers led the FBI
to that pumpkin field in Winchester, Maryland,
we were on our way to Australia;
when Alger Hiss, branded a Communist spy
by Richard Nixon, had begun his term at Leavenworth,
I was back in Woodstock with my mother and her sculptor husband,
and my father was in Lisbon, Portugal, which had been a haven from the Nazis,
and my brother was with him, because by that time,
it was considered necessary to get him away from my influence.
So I was the subversive? I didn’t feel like one.
I felt scared, most of the time. I was at boarding school
in Millbrook, New York, later to be known
as where Timothy Leary did his famous experiments,
but not then. Then we gathered, on fall mornings,
to watch the headmaster ride to the hounds.
That didn’t last long either.
I was thrown out of Millbrook. I went to live with my father
in Washington, Connecticut — that wasn’t to last either —
a town whose village green had white spires
on one side, a boy’s prep school on the other, and retired
foreign service officers nestled in the hills, where they read
the New York Herald Tribune and the Foreign Service Journal.
At this time my sculptor stepfather was in India,
and Angkor Wat, in Cambodia, but he never got to China.
He had been invited by the Peoples’ Commissar of Culture,
but our government wouldn’t let him go.
For that he was investigated by the FBI;
HUAC knew about him, but he was never called in
to testify, to name names, he was never blacklisted.
As it turned out, I was the one who was blacklisted.
When it came my turn to dodge the slings,
the U.S. was in Cambodia, fighting a secret war
which spilled over into American colleges.
I was overmatched on that front,
but only careers were lost there.
In China, Chou En-Lai was still alive, but this was
the Cultural Revolution, so
I don’t know about that commissar: good chance he wasn’t.
My father still lived in Washington, Connecticut, where
he opposed the Vietnam War, but voted for Nixon anyway,
and Ford, but he drew the line at Reagan, during whose second term
he died, within a month of my mother.
My sculptor stepfather had died ten years before — in the same
year as Chou En-Lai, as it happened. I live in his house now,
the house he and my mother built, beside the sculpture
that grew to 6 1/2 acres, encompassed hundreds
of thousands of tons of stone, and took 37 years of his life,
excepting only the two years he spent
with my mother in Italy, and the half year traveling
in India and Cambodia. I have gray hair now, and grandchildren.
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